sabato 15 novembre 2014
domenica 9 novembre 2014
Noi e il Muro
La
sconfitta storica della Deutsche Demokratische Republik (DDR), che
avvenne a seguito della Mauergefallen ben 25 anni or sono, ancora
oggi segna in profondità i soggetti più radicali che vorrebbero
lottare contro la realtà capitalista.
I motivi di questa ferita che continua a non rimarginarsi, non cicatrizzandosi come dovrebbe e facendo riprendere il corpo nella sua interezza, sono diversi e riconducibili anche ai diversi campi in lotta.
I motivi di questa ferita che continua a non rimarginarsi, non cicatrizzandosi come dovrebbe e facendo riprendere il corpo nella sua interezza, sono diversi e riconducibili anche ai diversi campi in lotta.
Il
primo accenno è al campo occidentale-capitalista, qui la questione è
molto facile da trattare: Caduta del Muro, riunificazione annessione,
crollo della DDR e conseguentemente dell'intero sistema sovietico
sono elementi che per i liberali sono la prova provata che il
comunismo ha fallito e non funziona, né oggi né mai. Mia personale
opinione è che solo negli ultimi anni al grande pubblico si dia
l'immagine di vittoria di un campo sull'altro e non solo di
semplicistico fallimento del campo avverso per ragioni intrinseche,
come invece sembra esser stato fino a qualche anno fa; insomma col
passare del tempo i dominanti possono più agevolmente farsi
riconoscere una vittoria agendo in particolar modo su quella fetta di
cittadinanza europea che ad oggi si dichiara “de sinistra moderna,
non anacronistica e sicuramente non comunista” o cose del genere
per dichiararsi utili idioti del capitale, ben accetto da questa
mandria se si presenta con abiti umani. Questo porta intere masse a
guardare in maniera dogmatica a quegli eventi, senza nessuna
riflessione critica sul modello che ha vinto la guerra e
introiettando la stronzata dei costi della riunificazione
incorporazione sopportati dalla Bundesrepublik Deutschland.
Altro
rapido, rapidissimo, sguardo va ai compagni anarchici (intendo quelli
a sinistra dei comunisti, non i reazionari al servizio del capitale):
loro non possono in alcun modo valutare positivamente l'esperienza
storica che si chiuse in quei giorni di Novembre di 25 anni fa per
ragioni ideologiche in gran parte condivisibili dal sottoscritto: un
sistema che, con diverse modalità, operava sui corpi e
sull'individualità affinchè si piegassero alla “Ragion di Stato”
della burocrazia non può essere salvato dalla condanna storica,
figurarsi dal renderlo ancora oggi un esempio da seguire.
Questione
più complessa diviene la riflessione nel campo comunista, è qui che
la mancata e ritardata cicatrizzazione di quella ferita sta mostrando
tutti i suoi limiti.
Per
semplificare divido questo campo in due fazioni.
La
cosa che accomuna le due fazioni è grossomodo la consapevolezza che
il 9 Novembre 1989 il Capitalismo trionfa sull'URSS e sui movimenti
operai, in particolare quelli dell'Europa Occidentale(ogni
riferimento alla gestione italiana della transazione è puramente
casuale), però ciò non significa che questa consapevolezza abbia
risolto i problemi nel campo comunista o che abbia fornito un punto
di ripartenza per continuare a lottare contro il Capitalismo
perseguendo modelli societari e/o di lotta alternativi. Questo
avviene per due modi di approcciarsi all'esperienza del “socialismo
reale” opposti, ma che entrambi confluiscono nello stesso stallo:
da un lato abbiamo gli apologeti dell'URSS, nonché della DDR, e del
blocco orientale in genere che mai nella vita riusciranno a trovare
un difetto ad un sistema che, per essere sconfitto in quella maniera
qualche difetto doveva pur averlo, al netto della guerra per le
risorse e della propaganda occidentale; dall'altro abbiamo compagni
che, al contrario, troppo frettolosamente liquidano la storia del
sovietismo come un grande e generale errore e mistificazione del
comunismo. Nonostante io condivida di più una delle due visioni,
reputo che la verità stia nel mezzo o meglio che la questione sia un
tantinello più complessa; quello che io chiamo “Stato operaio
degenerato” non può essere così trattato da ambo le parti e
faccio una breve digressione: questo modo di analizzare la realtà(la
storia, la società ecc.) in maniera dicotomica è tipico della
società del dominio che, in base al punto di vista, divide in
giusto/sbagliato, buoni/cattivi, bene/male i fenomeni sociali, non
che sia errato arrivare a conclusioni dove la ragione si scinde dal
torto e quindi individuare il bene e il male, ma è del tutto
sbagliato iniziare le analisi da questa dicotomia; insomma i fenomeni
vanno analizzati nella loro complessità e solo al termine di questa
analisi si può giungere a conclusioni che, a loro volta, non devono
essere comunque a prescindere giuste o sbagliate riguardo ad un
fenomeno, e non è detto che si debba concludere un ragionamento con
l'accetta. Tutto ciò per tentare di comunicare che se i comunisti di
qualsiasi fazione vogliono avere ancora un ruolo attivo, in
particolare nei paesi europei, dopo 25 anni dalla Caduta del Muro
devono cominciare un serio lavoro di confronto sul passato per
ricucire gli allontanamenti dalle varie fazioni (per quanto mi
riguarda la ricucitura dovrebbe coinvolgere anche i compagni
anarchici).
Insomma
quello che proporrei a tutta la galassia comunista è l'inizio di un
confronto su quell'esperienza terminata simbolicamente a Berlino,
ognuno con le sue idee, per carità, ma ciascuno cercando di lasciare
quelle posizioni oltranziste che continuano in gran parte a
caratterizzare le divisioni ideologiche e politiche tra i comunisti,
il tutto per tentare una pacificazione storica ed ideologica,
altrimenti la tanto desiderata unità (tema caro in Italia)
continuerà solo a farci svegliare sudati.
Smettere
di guardare all'intero sistema dell'Europa orientale come un blocco
monolitico senza differenze tra le varie realtà nazionali prima di
tutto, bensì tornare a valutare caso per caso e scoprire che il
“socialismo reale”, seppur operò con simili modalità, generò
delle differenze tra i vari paesi e società orientali (ad esempio la
DDR era industrialmente il fiore all'occhiello del blocco orientale
che non era omogeneo già solo in questo aspetto), smettere in
secondo luogo di pensare che tutto era perfetto ignorando la mancanza
di libertà politica e pensando che solo il Capitalismo di Stato (o
rigido dirigismo statale) debba essere ancora oggi l'unica
alternativa, ma contemporaneamente smettere anche di guardare a
quella storia buttando con l'acqua sporca la protezione
socio-economica che assicurava quel modello sociale.
La
questione è complessa e non posso io risolverla in un post e da solo.
In conclusione se questo nefasto anniversario può essere utile anche ai comunisti, che lo sia in questa direzione; una direzione da troppo tempo
ignorata e talvolta ostacolata in nome delle proprie, personali e
partitiche, convinzioni. Bisogna comprendere che un quarto di secolo
è già un tempo sufficientemente lungo per essere rimasti inermi
alla sconfitta.
Abbiamo
perso, ma continueremo ad essere perdenti se non ci si rialzerà da
quella sconfitta capendo i motivi e le responsabilità, nostre, che
l'hanno prodotta e non si passerà per un confronto serio che metta
una volta per tutte una pietra tombale, cioè un'analisi complessa
finale che chiuda senza nostalgie e senza recriminazioni su ciò
che concluse la Caduta del Muro di Berlino.
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