Di cosa si parla quando si utilizza
la parola crisi nella nostra epoca? Una mancanza di materie prime? Una scarsità di lavoratori
in grado di mantenere il sistema economico dovuta magari ad un’epidemia? L’impossibilità
del sistema produttivo di soddisfare
tutta la popolazione?
Tutto ciò può essere facilmente
smentito dalla prova dei fatti. Le materie
prime, almeno per adesso, non scarseggiano, anche se continuando a produrre
in questo modo alla fine anche questo tenderà ad esser un problema, per il
livello produttivo attuale(esempio: non manca il ferro per produrre un maggior
numero di automobili rispetto al volume attuale), l’offerta di lavoro(cioè il numero dei possibili lavoratori)
risulta superiore rispetto alla domanda,
prova ne è l’alto tasso di disoccupazione nel mondo (6,1%, dato che
sembra effettivamente non altissimo, ma che in realtà sottostima il problema,
visto che per esempio, non viene considerato disoccupato chi ha lavorato anche
solo un'ora a settimana, o chi ha rinunciato a cercare lavoro, o chi non ha
ancora mai lavorato), la produzione
di alimenti o di qualsiasi altro prodotto è superiore al consumo effettivo, ne
sono la prova i tanti prodotti deperibili che vengono gettati nelle discariche
o rimangono fermi in magazzino perché nessuno può comprarli. Ed è questo il
punto. Il nostro sistema produttivo può
produrre una quantità di prodotti superiore a quella che effettivamente la
popolazione può comprare.
Nell’era pre-industriale, il
sistema produttivo non poteva soddisfare
tutti o poteva farlo mantenendo veramente basso il tenore di vita della
maggioranza della popolazione, visto che i generi alimentari e gli altri
prodotti, come per esempio l’abbigliamento, avevano un costo di produzione
molto alto ed una resa in termini di quantità inferiore a quella che
effettivamente serviva, oltre a tempi di gestazione molto più lunghi della
nostra epoca. Senza considerare poi i fattori esterni, come epidemie che in
molti casi determinavano una diminuzione sostanziale della forza – lavoro, o le
carestie, magari dovute ad un cambiamento climatico,(come la piccola età glaciale
medievale) che diminuivano la produzione di generi alimentari. In problema
era quindi una sottoproduzione rispetto alla domanda di beni e servizi.
Ma questo non è certo
riconducibile alla nostra epoca. Nei supermercati ci sono i prodotti
alimentari, i vestiti ci sono, cosi come tutti gli altri prodotti che
conosciamo, semplicemente non possiamo prenderli, perché non abbiamo la
disponibilità economica per comprare e consumare. La nostra è quindi una crisi di sovrapproduzione, non di
sottoproduzione. Produciamo più di quanto effettivamente la popolazione può
acquistare. Ma in realtà i prodotti ci sono, sono li, davanti a noi
materialmente. Siamo come dei moderni Tantalo,
figura delle leggende dell’Antica Grecia, che gettato nell'Ade, fu punito per
aver offeso gli Dei. Non poteva né cibarsi né bere, nonostante fosse circondato
da cibo e acqua. Noi abbiamo tutto ciò che ci serve, li a portata di mano,
davanti a noi, ma per un qualche strano motivo non possiamo prenderlo.
Non a caso, il vero problema
delle imprese oggi, oltre ad abbassare i costi del lavoro, è il vendere i
prodotti.
Ma per quale motivo nonostante ci
sia disponibilità di prodotti, si determina un abbassamento del tenore di vita
della popolazione ed anzi un suo depauperamento? Perché le eccedenze non
vengono regalate o donate alla collettività se comunque non vengono comprate da
nessuno?
La ricerca del profitto è la risposta. Dopo la fase iniziale di boom
di un mercato, che è l’epoca d’oro del sistema capitalistico, visto che si
realizzano profitti altissimi, l’entrata di un’agguerrita ed ampia concorrenza
nel settore ingolosita dagli alti profitti realizzabili, la saturazione dei
consumi(se tutti hanno un tablet, per esempio, nessuno comprerà ulteriori
tablet)ed anche(nel caso si operi in un paese in via di sviluppo)l’aumento del
salario dei lavoratori, dovuto ad una crescita del sistema economico, determinano
una diminuzione dei profitti.
Per questo motivo le imprese
cercano in tutti i modi di tagliare i
concorrenti(es. fusioni), riuscendo cosi ad avere un maggiore potere
contrattuale all’interno del mercato(come per esempio stabilire un prezzo superiore
ai propri concorrenti), di creare sempre
nuovi bisogni nei consumatori(es. marketing – il nuovo tablet, più potente
e veloce del precedente), di abbassare
le spese, diminuendo il numero dei lavoratori, spingendo quelli che
rimangono a produrre di più, o diminuendo il loro salario.
Il primo aspetto non è di certo auspicabile, visto che può generare
monopoli di settore, conseguenza non desiderabile non solo dal punto di vista
etico e sociale, ma anche dal punto di vista dell’efficienza del sistema
economico(sia in termini di volume della produzione, sia in termine di
innovazione, sia in termini di costi), ed è infatti notevolmente osteggiata in
gran parte dei paesi. Il secondo
alla lunga è irrealizzabile. Nonostante tutte le campagne di marketing non si
riesce alla lunga a creare nuovi bisogni dal nulla (bisognerebbe essere in
grado di rinnovare completamente il prodotto ogni anno, ma va da sé, esempio è
il caso dell’i-pad 3 della Apple, che questo è praticamente impossibile). Si
capisce, quindi, come il terzo punto
sia uno dei modi più semplici ed efficaci per aumentare il margine di profitto,
cioè intaccando il salario dei lavoratori dipendenti, tagliando posti di lavoro(ed
automatizzando magari determinati compiti) o diminuendo le retribuzioni. Ma
questo chiaramente intacca il potere d’acquisto della popolazione con una
sicura contrazione dei consumi. Una macchina o un computer non possono
consumare, ne tantomeno comprare, ma possono solo produrre!!
Chiaramente i prodotti in
eccedenza non possono essere donati alla collettività dal privato. Il sistema
genera profitto solo se il bene o servizio venduto è un bene escludibile(ci sono delle barriere per il suo consumo, come il
prezzo). Se potessimo avere un bene gratis di certo non lo compreremo a nessun
prezzo.
Per questo da tanti anni vediamo
moltissime aziende che internazionalizzano,
o la produzione, in paesi dove il
costo del lavoro è più basso, o la vendita,
in paesi dove vi è un mercato più ricco o maggiormente incontaminato(assenza
concorrenti, consumo non saturato). E’ questa la risposta del sistema economico
alla crisi, la globalizzazione. Chi
si adegua riesce a rimanere in piedi, mentre gli altri sono destinati ad un
lento declino. E prendendo ad esempio l’Italia, la presenza di tante piccole e
medie aziende, che non hanno la possibilità di internazionalizzare la loro
produzione o la loro rete di vendita come invece può fare una grande azienda(o
comunque se possono, la loro azione ha un impatto minore)determina il loro
fallimento(non è comunque l’unico motivo).
Ma se questo sistema
effettivamente non è il più efficiente, né il più equo, perché mantenerlo in
piedi? Non è ora di ridisegnare il nostro concetto di lavoro? Non è ora di
basare il nostro sistema su: “lavorare
poco per lavorare tutti, in modo da consumare abbastanza ma consumare tutti”?
Perché dover vessare una parte della popolazione sfruttandola fino al midollo
con turni di 8-9-10 ore al giorno, e farne sprofondare l’altra parte nella
vergogna sociale perché non ha un lavoro che può farla sopravvivere, quando
invece potrebbe benissimo lavorare? Perché
non dividere il lavoro e i compiti su tutta la popolazione, lavorando soltanto
lo stretto necessario affinché tutti abbiano in base alle loro necessità?
Mi si dirà che questo è
impossibile. Il profitto è ciò che “move
il mondo e le altre stelle”, che è il motore grazie a cui c’è stata questa
evoluzione del sistema, che ha portato ad un maggiore benessere e ricchezza. Ed
infatti tutto questo è vero. Un sistema basato sul concetto “ognuno da in base alle sue capacità ed
ottiene in base alle sue necessità” presuppone uno spirito di solidarietà
collettivo che non è mai esistito o che è limitato a poche persone o gruppi.
Ma questo è una necessità non
una possibilità. Il sistema cosi come lo conosciamo imploderà su se stesso,
sia per l’azzeramento del saggio di profitto, che non potrà essere più il
motore della nostra economia, sia perché le risorse disponibili non sono
illimitate, sia perché la logica del profitto comporta scelte deleterie per la
collettività, come la produzione di armi o l’inquinamento dell’aria e dell’acqua.
Avrei voluto continuare, facendo
una piccola analisi della crisi del sistema finanziario e un breve finale sull'illusione della scomparsa della classe operaia. Ma ho deciso di fermarmi qui, vista la
lunghezza dell’articolo. A breve spero di poter sviluppare anche queste
tematiche.
Originariamente pubblicato su Nineteen Eighty-Four
Auspicherei una conversione dal "produrre tanto -> consumare tanto -> guadagnare tanto" al "produrre meglio -> consumare meno -> guadagnare il giusto".
RispondiEliminaSi ma chi lo stabilisce quanto è il "giusto"?? E' proprio il concetto di guadagno e profitto che ci porterà alla rovina.
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